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Puo’ una manifestazione in difesa della vita "SENZA COMPROMESSI" non dire una parola sui "vaccini" anti-covid?
Segno di profonde divisioni in seno al movimento pro-life.
In un post sul suo blog (Scure di Elia, 1 maggio 2021), don Elia è stato facile profeta quando si è domandato come si potessero "organizzare manifestazioni in difesa della vita senza far parola di questo allucinante problema", ossia la vaccinazione di massa con preparati da linee cellulari di neonati abortiti volontariamente a questo scopo. Ed è esattamente ciò che è avvenuto in occasione della decima Marcia per la Vita svoltasi a Roma lo scorso 22 maggio
in modalità statica, a motivo delle note misure anti-covid, a via dei Fori Imperiali nello slargo prospiciente l’Altare della Patria: non solo non è stato fatto alcun cenno al problema vaccini, ma addirittura un attivista che mostrava un cartello con su scritto "no ai vaccini con feti abortiti-sì alla vita senza compromessi" è stato allontanato dal servizio d’ordine.
"Visti gli esiti di quella che, in contrapposizione ad altre organizzazioni, si era arrogata l’esclusiva di essere una battaglia senza compromessi, si è reso davvero necessario che nasca un nuovo movimento pro life", argomentava il religioso nel post di cui sopra. "Se quelli che sembravano i più rigorosi e intransigenti si son di colpo schierati col nemico, quale collaborazione è più possibile?"
Il nuovo movimento pro life cui si riferiva don Elia è quello che ha recentemente lanciato in un accorato appello mons. Athanasius Schneider, al quale sta già aderendo un crescente numero di associazioni e singoli individui legati al mondo pro-life italiano.
In attesa degli sviluppi di questa iniziativa, quel che appare certo è che lo stesso comitato organizzatore della Marcia per la Vita è diviso al suo interno su questo tema, come ha confermato uno dei suoi membri "dissidenti", l’attivista romano Alfredo De Matteo, nel corso di un’intervista del 18 maggio scorso a Renovatio 21, il blog ufficiale dell’omonimo gruppo pro life.
In una breve introduzione all’intervista, si rileva che il tema dell’uso di feti abortiti nell’industria farmaceutica, divenuto ora centrale per l’umanità tutta con i "vaccini" covid, ha ingenerato controversie nel mondo pro-life italiano che si ritrova ogni anno alla Marcia per la Vita.
"L’organizzazione, di fatto, non ha condannato apertamente questa pratica vaccinale, e una personalità legata alla Marcia, Roberto De Mattei, ha pubblicato nel sito che dirige articoli su articoli e perfino edito un libro per sostenere la liceità morale del vaccino prodotto con linee cellulari di innocenti abortiti" prosegue la nota introduttiva. "Tale controsenso ha scandalizzato molti. Renovatio 21 ha ripetutamente chiesto agli organizzatori della Marcia di rispondere ad alcune domande che avevamo posto, ma non ha ricevuto risposta".
De Matteo afferma di aver "più volte ribadito la necessità che la Marcia condannasse in qualche modo il brutale omicidio dei bambini non nati mirato alla produzione e al commercio da parte delle aziende farmaceutiche di vaccini e farmaci in generale", ma nonostante l’appoggio di alcuni membri del comitato, la richiesta non è stata accolta, almeno finora.
Alla domanda se sarà possibile protestare, magari a mezzo striscione, bandiera o cartello, contro i vaccini derivati dagli aborti, quelli in predicato di diventare obbligatori e promossi con tanto zelo dal presidente della Fondazione Lepanto, l’intervistato replica che la Marcia "si è sempre caratterizzata per lasciare ampia libertà di espressione ai partecipanti. Sarebbe il colmo se il servizio d’ordine bloccasse in qualche modo chi volesse protestare contro l’abominio dei vaccini prodotti con gli aborti". Invece pare che l’episodio citato all’inizio dell’articolo sia proprio una clamorosa smentita della presunta tolleranza dei vaccinisti.
In un'altra domanda gli viene chiesto se non gli sembrasse un controsenso la distinzione fatta dai promotori della Marcia, secondo i quali la produzione dei vaccini contenenti linee cellulari di feti abortiti va condannata e combattuta, ma non l’uso dei vaccini che contengono queste linee cellulari. Ma produttore e consumatore non fanno parte della stessa filiera, in questo caso una filiera di morte?
"Certamente. È questo l’aspetto più eclatante di tutta la questione" risponde De Matteo. "Ci troviamo di fronte ad una vera e propria industria che utilizza senza alcuna remora morale i bambini non nati ai fini della ricerca e della realizzazione di farmaci e vaccini". Inoltre, prosegue, "la produzione di tali composti non è finalizzata alla cura di malattie mortali bensì ha ben altri obiettivi, tra cui il profitto. Colui che volontariamente si lascia inoculare un vaccino prodotto con feti abortiti, che per di più risulta essere oggettivamente pericoloso per la salute, sostanzialmente inutile e scarsamente efficace, non vedo come possa essere giustificato dal punto di vista morale".
Inoltre De Matteo non solo si dice convinto che non sia possibile conciliare la posizione di chi crede lecito il sacrificio umano per produrre un vaccino con chi sostiene di essere "per la vita, senza compromessi", ma confessa anche di aver reagito con incredulità alla dichiarazione della presidente-portavoce della Marcia, Virginia Coda Nunziante, nel corso di un’intervista alla Nuova Bussola Quotidiana (11 maggio 2021), secondo la quale "il nostro punto di riferimento resta la Congregazione per la Dottrina della Fede. La Marcia per la Vita, in quanto tale, non si porrà mai in aperto contrasto con le autorità ecclesiastiche. Personalmente ritengo che la vaccinazione contro il Covid-19 sia moralmente lecita, ma non obbligatoria".
In realtà, come puntualizza De Matteo, "il punto di riferimento della Marcia non è la Congregazione per la Dottrina della Fede bensì il diritto naturale e divino e tutti coloro che ad esso si conformano. Sarebbe stato corretto ribadire che la Marcia non si porrà mai in contrasto con la Verità anziché con le autorità ecclesiastiche… La Marcia non si è mai preoccupata di compiacere chicchessia, tantomeno le gerarchie ecclesiastiche. Del resto, chi afferma, ad esclusivo titolo personale, che la Marcia non si porrà mai in contrasto con tali autorità fino a poco tempo fa non si faceva particolari problemi a denunciarne i tradimenti".
Titolo personale o meno, le posizioni espresse dalla presidente della Marcia nella sua intervista neanche possono sorprendere più di tanto, se si considera il suo strettissimo legame con il de Mattei, non solo per quanto riguarda la Marcia, come ammette chiaramente De Matteo nella sua intervista a Renovatio 21, ma specialmente per la sua carica di "principal officer" nella Lepanto Foundation di Washington, almeno fino a poco tempo fa secondo il sito
www.guidestar.org/profile/26-0505122 .
Ma le dichiarazioni della presidente si prestano anche ad altre considerazioni, se ci è consentito essere un pochino "politicamente scorretti". Già nel titolo virgolettato dell’intervista si proclama con enfasi: "La vita non è negoziabile, il fine è abrogare la 194"; ebbene, ci si potrebbe domandare, al di là di tante belle parole cosa è stato fatto in concreto in questi 10 anni di marcia ai fini di questa abrogazione?
In un altro punto dell’intervista, alla domanda sui vaccini anti-covid, lei afferma: "È un problema ampio e complesso… Abbiamo intenzione di aprire un dibattito su questo punto, ma il nostro punto di riferimento resta la Congregazione per la Dottrina della Fede". Chissà se si farà in tempo a tenere questo dibattito prima che la vaccinazione venga resa obbligatoria per tutti e diventino operativi quelli che in un post sul nostro sito sono descritti come "villaggi di emergenza", ove ricoverare in isolamento non terremotati o immigrati, ma sospetti malati o cittadini refrattari per passarvi la quarantena o per subirvi "trattamenti sanitari obbligatori" (
https://www.centroculturalelepanto.com/articolo.asp?IdCat=1&IdArt=50).
A quanto risulta, tutta la controversia è cominciata il 12 dicembre 2020 con la pubblicazione di un documento sull’illiceità morale dell’uso dei vaccini a base di cellule derivate da feti umani abortiti sottoscritta da cinque presuli di varie nazionalità, cui faceva seguito il 21 dello stesso mese l’indiretta risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede con una nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19. Ora svegliarsi dopo sei mesi in effetti non è proprio il massimo, anche se bisogna dire che, come opportunamente ricordato da mons. Schneider, uno dei cinque firmatari del documento di cui sopra, non c’è bisogno di dottorati in teologia (e forse quindi nemmeno di dottissimi dibattiti) per comprendere l’illiceità di questa moderna barbarie: bastano il sensus fidei e il sensus communis.
Ma c’è un altro aspetto della nota della Congregazione per la Dottrina della Fede su cui spesso si sorvola e che rende la posizione della presidente della marcia francamente insostenibile, a meno che non si voglia prendere come vangelo la vulgata ministeriale della lotta al covid. Al punto 5 della nota si afferma che l’uso di questi vaccini è lecito "in assenza di altri mezzi per arrestare o anche solo per prevenire l’epidemia". E qui casca l’asino, perché è stato ampiamente dimostrato da un crescente numero di coraggiosi medici che, sfidando il protocollo ministeriale a base di "tachipirina e vigile attesa", hanno invece curato a casa con successo tantissimi pazienti ricorrendo a farmaci di normale costo e reperibilità, specialmente all’insorgere dei primi sintomi. In tal modo è stato possibile evitare il loro ricovero in ospedale, con tutti i positivi risvolti che si possono facilmente immaginare.
Come ci si può fidare di un’autorità sanitaria che addirittura fa ricorso al Consiglio di Stato per invalidare una sentenza del Tar che autorizzava a derogare dal protocollo ufficiale di cui sopra? In tal caso si può veramente parlare di sincera preoccupazione per il "bene comune"? Se l’obiettivo è la vaccinazione forzata di massa come unica ed estrema ratio, è ovvio che bisogna impedire a tutti i costi che possa essere autorizzata una qualsivoglia possibile forma di terapia alternativa, a prescindere dalla sua efficacia.
22 maggio 2021, festa di santa Rita da Cascia
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