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Spiacente Prof. De Mattei, ma lei non ha alcun titolo per rivendicare un'eventuale eredità del Centro Culturale Lepanto



Non esiste alcuna eredità del Centro Culturale Lepanto, per il semplice fatto che non è defunto, ma se anche lo fosse, non sarebbe certo del professor De Mattei, dimessosi da presidente e socio fondatore nel 2006.

Storia non autorizzata del “Centro Culturale Lepanto”: continuano le precisazioni

E’ proprio vero, come recita un vecchio adagio, che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire: nonostante i miei due precedenti messaggi di rettifica, del tutto ignorati, il presidente della Fondazione Lepanto, il professor Roberto de Mattei, è tornato a rivendicare l’eredità ideale del Centro Culturale Lepanto, costringendomi quindi alla penosa necessità di porre mano a una terza nota di rettifica, sempre in relazione al libro su una storia “ non autorizzata” del Centro: “Cattolici senza compromessi-il Centro Culturale Lepanto 1982-2006”.

Mi scuso fin da subito se sarò costretto a ripetere concetti forse già espressi negli altri posti pubblicati nel sito su questa triste diatriba, ma non posso sottrarmi al dovere, ove fosse necessario, di difendere la corretta e veritiera memoria della passata storia del Centro.

La necessità di questa terza nota di precisazione è in risposta alla recensione del libro di cui sopra apparsa sul numero di novembre 2020 di Radici Cristiane, che fa seguito alle due rettifiche già a suo tempo inviate, e come detto puntualmente ignorate, la prima alla scheda del libro pubblicizzato sul sito delle Edizioni Fiducia e successivamente alla recensione apparsa su Corrispondenza Romana. Così questa volta mi accingo a rispondere direttamente dal sito del Centro.

Preliminarmente osserviamo che, come in precedenza, l’esimio cattedratico, che ora presumo sia in pensione, tenda anche in quest’occasione a presentarsi come una sorta di padrone assoluto del Centro quando ne era presidente, ed in particolare come fondatore, mentre invece è stato solo un co-fondatore assieme ad altre sei persone, compreso il sottoscritto. E così, quando parla della “battaglia“ in difesa dei principi e valori della civiltà cristiana nel campo civico-culturale, afferma che essa è stata “ereditata“ dalla Fondazione Lepanto, fondata a Washington “per volere dello storico de Mattei”. È vero che in seno al Centro lui era praticamente padrone di tutto, ma le decisioni strategiche e operative più significative venivano sempre discusse in seno al consiglio direttivo dei soci fondatori e si procedeva con il consenso di tutti. Questo per quanto riguarda la fondazione della prima Lepanto Foundation, cui fece seguito la sua sostituzione con una seconda Lepanto Foundation nel 2007 (successivamente alle sue dimissioni dal Centro nel 2006), questa sì per volere di de Mattei, dal cui consiglio direttivo ero stato estromesso, dopo averne fatto parte nella prima.

Quindi torno a ribadire che lui non può rivendicare alcun diritto all’eredità, vera o presunta, qualunque essa sia, del Centro, perché un’eredità presuppone necessariamente la presenza di un defunto, e non è questo il caso.

Inoltre, la pretesa del de Mattei è del tutto infondata e priva di senso anche per le seguenti motivazioni:

1-motivazioni di carattere morale. Infatti, con le sue dimissioni il prof. si dimetteva espressamente da presidente e socio fondatore, in pratica ripudiando tutta la passata storia del Centro, a partire dalla sua fondazione. Se fosse stato coerente fino in fondo, avrebbe dovuto addirittura rinunciare allo stesso nome Lepanto e evitare anche l’uso del suo simbolo, pur se molto rimpicciolito, nel sito delle edizioni fiducia per promuovere le sue iniziative editoriali.

2-motivazioni di carattere giuridico. Forse è l’aspetto di minore rilevanza perché relativo alla giustizia umana e non mi pare questo il caso, perché mai come in questa circostanza tutto va ovviamente rimesso nelle mani di Colui che giudica infallibilmente nel tempo e nell’eternità. Però anche solo da un elementare punto di vista della giustizia umana e prima ancora del buon senso comune, una volta che uno si è dimesso di sua iniziativa sbattendo la porta, che cosa ancora può pretendere? Diverso sarebbe il caso se fosse stato cacciato, ma invece ha fatto tutto lui, evitando una riunione chiarificatrice per fugare il malessere di quei soci fondatori e membri del consiglio direttivo sempre più a disagio, per la crescente impressione che l’associazione si stesse trasformando da centro propulsore della controrivoluzione in una segreteria al servizio degli interessi privati del presidente, il quale forse stava confondendo la fedeltà personale con la fedeltà alla causa.

L’impressione che se ne ricava è che forse questa mossa delle dimissioni era già stata programmata da tempo e non si aspettava altro che il momento propizio per attuarla, approfittando del primo pretesto utile, come in questo caso quello del malessere che cominciava a serpeggiare tra i membri del direttivo. Una persona in buona fede, prima di ricorrere a mezzi estremi come le dimissioni, certamente cercherebbe di chiarire la situazione bonariamente, vista la posta in gioco. Ma come detto, il de Mattei escluse volutamente questa possibilità, senza peraltro mai chiarire quali fossero realmente le eventuali divergenze e problematiche, cui si accenna nel libro, che furono alla base della sua rottura.

Quindi, con quale coerenza il presidente di un’associazione, di cui ha praticamente tutto in mano, si dimette ben sapendo di metterne a rischio la sopravvivenza stessa per poi rivendicarne l’eredità ideale come se nulla fosse? Eh no, troppo comodo!

3-motivi di carattere strategico-operativo. È questo forse l’aspetto più dirimente di tutta la questione, perché rivendicare l’eredità di una qualsivoglia organizzazione implica che se ne continuino in qualche modo almeno le principali attività precedenti,
pur se adattate nei mezzi alle mutate realtà tecnico- comunicative. In sostanza, la Fondazione Lepanto quale attività svolge in continuità con quelle precedentemente portate avanti dal Centro? Nella recensione di Radici Cristiane vengono elencate come passate attività del Centro “inserzioni a pagamento sui giornali”, “volantinaggio“, “conferenze e convegni”, “pubblicazione di articoli e libri”, che più oltre sono descritte come “quelle formidabili battaglie”. Mettendo da parte conferenze, convegni e pubblicazioni, quante “formidabili battaglie” hanno caratterizzato e caratterizzano l’attività della Fondazione a partire dalla sua creazione nel 2007?

Questa è stata infatti la principale caratteristica delle attività del Centro, ossia le grandi battaglie vessillari sulle tematiche sociopolitiche nel ricordato ambito civico-culturale, che dovrebbe poi essere il primario campo d’azione del laicato cattolico impegnato, unitamente a una fondamentale attività di lobbying in parlamento per influenzarne le leggi,
con il duplice obiettivo di affossare provvedimenti non in linea col decalogo e invece promuovere quelli ad esso conformi.

A me pare infatti che la Fondazione oggi si dedichi solo a quelle attività, come convegni, conferenze, pubblicazioni di cui ovviamente nessuno vuole sminuire l’importanza, ma che possono essere considerate attività secondarie, anche se prezioso supporto in funzione delle succitate attività principali, che poi sono quelle che più danno fastidio al “manovratore”. E’ ovvio che una legge ben orientata dia molto più fastidio ai rivoluzionari palesi e occulti di conferenze, libri e articoli.

Inoltre mi pare che nell’attività della Fondazione spesso prevalga l’aspetto religioso, anche con rampogne contro il Papa e la gerarchia, che non direi sia il campo in cui il laicato debba impegnarsi primariamente.

Naturalmente le mie impressioni si basano su ciò che appare all’esterno e potrei quindi anche sbagliarmi; se così fosse, nulla vieta ovviamente al prof. de Mattei di smentirmi.

Uno dei successi più eclatanti dell’attività di lobbying in parlamento fu senz’altro la partecipazione della ex-presidente della camera Irene Pivetti al rosario promosso dal Centro per riparare l’oltraggio subito dal carattere sacrale di Roma con la costruzione della moschea di Monte Antenne. L’eco mondiale suscitata da questo successo sancì la definitiva affermazione del Centro anche a livello internazionale e appare strano che di questo rosario nulla si dica nella summenzionata storia “non autorizzata”, così come nulla si dice di altri successi a livello parlamentare, come l’affossamento della legge sull’educazione sessuale nelle scuole e il riuscito inserimento di un emendamento nell’allora legge Mammì per punire gli spot pubblicitari con contenuto immorale.

E’ poi alquanto fuorviante e riduttivo, a dire il meno, che nella recensione si citi come protagonisti di queste “formidabili campagne” solo la principessa Elvina Pallavicini e il marchese Luigi Coda Nunziante. Nessun vuol negare i loro meriti, ma bisogna precisare che ben maggiori e più autentici protagonisti furono esponenti del Centro quali Fabio Bernabei (che successe come presidente dopo le dimissioni di de Mattei e scomparve prematuramente nel 2016), il fratello Claudio (anch’egli scomparso prematuramente nel novembre dello stesso anno di Fabio), Pierluigi Bianchi Cagliesi e Guido Vignelli, che si erano impegnati a servire con disinteressata generosità la buona causa a tempo pieno, in questo opportunamente sollecitati dallo stesso de Mattei.

Come non ricordare poi quanto fece per il Centro uno dei militanti della prima ora, Giuseppe Colferai, modesto impiegato romano, che con le sue continue e generosissime offerte consentiva in tante circostanze di proseguire l’attività in momenti in cui sembrava che per il Centro fosse tutto perduto e non riuscisse più ad andare avanti.
Qui viene in mente l’episodio evangelico dell’obolo della vedova, in cui Nostro Signore confrontava il modesto obolo versato dalla donna al tesoro del Tempio rispetto alle grandi offerte dei ricchi, facendo notare che in proporzione la donna aveva dato molto più di loro, perché offrendo quel poco che aveva si era privata anche del necessario, mentre questi ultimi avevano dato solo parte del loro superfluo.

Naturalmente, si potrebbero citare anche altri, ma non mi pare opportuno, per il semplice motivo che con la loro scelta, quella di passare armi e bagagli dalla parte del de Mattei per interessi di bottega, hanno di fatto rinunciato alla loro primogenitura.

Chi potrà descrivere compiutamente tutti gli sforzi, rinunce e sacrifici di Fabio e Claudio Bernabei, di Pierluigi Bianchi Cagliesi, Guido Vignelli e Giuseppe Colferai? Solo il Signore conosce tutto!

Oltre all’attività su Roma, in particolare Fabio e Claudio Bernabei, Pierluigi Bianchi Cagliesi e Guido Vignelli hanno battuto per anni palmo a palmo l’Italia da un capo all’altro al fine di tessere, consolidare e ampliare quella rete di contatti che è stato uno dei maggiori punti di forza del Centro.

Basti solo pensare ai 221 Comitati di Difesa dell'Ordine Naturale Familiare e Cristiano (se ne parla a pag. 153 del libro), che nel 1995 riuscirono a impedire che venisse recepita nella legislazione italiana la risoluzione del parlamento europeo dell’8 febbraio 1994, la quale invitava gli stati membri a legalizzare il cosiddetto matrimonio omosessuale. Personalmente ricordo quegli anni con grande nostalgia, come un’epopea veramente entusiasmante e straordinaria, che fece grande il Centro e il suo presidente, tanto che fu sulla scia di questi grandi successi che il prof. de Mattei venne chiamato a ricoprire importanti incarichi istituzionali, sui quali stranamente si tace nel libro.

Se questi comitati, creati, animati e coordinati dal Centro, avessero continuato la loro azione e espansione, forse oggi in Italia la situazione sarebbe stata diversa. Già, ma perché ciò non avvenne? Sarebbe interessante saperlo, così come sarebbe interessante sapere per quale motivo nel luglio 2017 un figlio del prof. de Mattei acquistava il dominio Centroculturalelepanto.it., qualche tempo dopo la scomparsa di Claudio Bernabei. Non è che il de Mattei volesse rifare il Centro Culturale Lepanto, questa volta senza gli altri, la cui presenza forse lui riteneva scomoda e ingombrante? Comunque, a quanto ho potuto verificare, non c’è alcun sito attivo in rete che si chiami centroculturalelepanto.it.

Non sarà che forse anche il professor de Mattei abbia nostalgia dei bei tempi andati e pentitosi di aver lasciato il Centro voglia farvi ritorno? Se così fosse, se ne può parlare e io non sarei pregiudizialmente contrario, ma naturalmente non dipende solo da me.

Come ultima osservazione, ho notato che in un recente video il de Mattei, ricordando la conferenza del Centro Culturale Lepanto tenutasi al palazzo della Cancelleria a Roma il 7 ottobre 2001 in occasione dei 430 anni della battaglia di Lepanto, appena un mese dopo l’attentato alle Twin Towers, annunciava l’intenzione di commemorare in modo molto solenne il suo 450º anniversario nel quadro di un anno giubilare che si concluderà con una grande conferenza già fissata per il 7 ottobre 2021. Ma questa iniziativa, proseguiva nel video, non è intesa solo come una mera commemorazione, ma “vuole essere prima di tutto una dichiarazione di guerra, o meglio una risposta ad una guerra che ci è stata dichiarata da molti secoli e a cui noi intendiamo rispondere con tutte le nostre forze, senza abbandonare il posto che ad ognuno di noi ha assegnato la divina Provvidenza”. Si tratta di “una guerra permanente” delle forze anticristiane, ossia una “guerra accanita contro l’ordine naturale e cristiano”, quindi si presume quello stesso ordine per la cui difesa erano stati creati già decenni fa i 221 comitati di cui sopra.

Ora il professor de Mattei è liberissimo di proclamare tutti i giubilei e organizzare tutte le conferenze che vuole, e trattandosi della battaglia di Lepanto la cosa non può che farci piacere, fermo però restando che non può rivendicare alcun titolo per tirare in ballo una qualsivoglia continuità con il Centro Culturale Lepanto.



12 dicembre 2020, festa della Madonna di Guadalupe



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