I secoli successivi al XV hanno visto il crescente progresso della Rivoluzione: dapprima quella religiosa, poi quella politica infine quella sociale. L’epoca successiva al Sessantotto è dominata dalla “rivoluzione culturale” e dalla “guerra psicologica” organizzate dal “politicamente corretto” contro la famiglia e l’individuo nella loro vita quotidiana.
Di conseguenza la Contro-Rivoluzione, che tra il XV e il XX secolo fu di volta in volta religiosa, politica e sociale, oggi è principalmente culturale e psicologica.
Se la Rivoluzione ha origini antiche, risalenti alla gnosi demoniaca, alle eresie antiecclesiali e alle utopie antisociali, la Contro-Rivoluzione ha origini molto più recenti: solo dal XVIII secolo essi ha potuto costituirsi in un sistema intellettuale, morale e politico dotato di un piano strategico.
I testi fondamentali della Contro-Rivoluzione sono:
• a livello teologico, La Città di Dio di sant’Agostino d’Ippona (426), con la sua contrapposizione tra le “due Città” (la Chiesa e l’anti-Chiesa);
• a livello spirituale, gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola (1548), con la sua meditazione sui “due stendardi”, e il Trattato della vera devozione a Maria di san Luigi Grignion di Montfort (1712), con il suo scontro tra “la stirpe della Donna” e “la stirpe del Serpente”;
• a livello storico-teologico, la Lettera al cardinal Fornari di Juan Donoso Cortés (1852);
• a livello storico-culturale, Il problema dell’ora presente di mons. Henri Delassus (1905), col suo panorama sul “conflitto tra le due civiltà” (quella cristiana e quella rivoluzionaria);
• a livello operativo, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione di Plinio Corr?a de Oliveira (1959) e L’azione di Jean Ousset (1972), con le loro diagnosi e terapie corredate di indicazioni strategiche e tattiche per la riconquista della società alla Chiesa.
Tra i numerosi testi del Magistero pontificio, particolarmente importanti sono il Sillabo del beato Pio IX (1864), contro il laicismo e il conseguente cattolicesimo liberale, e la lettera apostolica Notre charge apostolique di san Pio X (1910), contro il modernismo sia religioso che sociale.
Dissipiamo un equivoco terminologico. “Contro-Rivoluzione” è un termine accidentalmente negativo-distruttivo, ma essenzialmente affermativo-costruttivo, perché ogni negazione si basa su un’affermazione e ogni distruzione deve servire a costruire.
Tuttavia, è illusorio pensare di vincere solo favorendo la verità, il bene e la virtù senza opporsi all’errore, al male e al vizio; pertanto, «il lavoro contro-rivoluzionario è sanamente negativista e polemico», perché i contro-rivoluzionari devono «tenere costantemente gli occhi fissi sulla Rivoluzione, pensando ed affermando le loro tesi in funzione dei suoi errori» (P. Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, II, 8, 2). Del resto, «essere ostili, in via di principio, a una reazione contro-rivoluzionaria, equivale a voler consegnare il mondo al dominio della Rivoluzione» (P. Corrêa de Oliveira, ivi, II, 1, 2.).
«La Contro-Rivoluzione è la restaurazione dell’Ordine. E per Ordine intendiamo la pace di Cristo nel Regno di Cristo, ossia la Civiltà cristiana, austera e gerarchica, sacrale nei suoi fondamenti, antiugualitaria ed antiliberale» (ivi, II, 2, 1). Per ottenere questo risultato, il contro-rivoluzionario deve capire, smascherare, affrontare e vincere quella Rivoluzione che è il Disordine, che mira alla dissoluzione della Civiltà cristiana e al dominio dell’anti-Chiesa, ossia alla instaurazione del regno terreno del demonio. Ma ciò presuppone ch’egli abbia ben chiara la verità cristiana, specialmente la dottrina sociale della Chiesa, e specialissimamente in quei suoi aspetti che si oppongono direttamente alla Rivoluzione.
Per questo la Contro-Rivoluzione deve lottare non solo per una cultura cristiana, e non solo per una civiltà cristiana, ma anche per una società cristiana, allo scopo di realizzare quella Regalità sociale di Cristo simbolicamente rappresentata dall’oro donato dai Re Magi al Bambino Gesù nella grotta di Betlemme. Infatti una fede che non mira a realizzare una società cristiana, non è una fede coerentemente professata né vissuta, per cui è condannata a produrre risultati solo parziali ed effimeri.
La vera Contro-Rivoluzione deve avere alcune caratteristiche fondamentali; in particolare, dev’essere:
Teocentrica: ossia deve mirare a fare la gloria di Dio subordinando tutto a questo scopo supremo. Pertanto, essa si oppone ad ogni moderna idolatria e particolarmente a quell’umanesimo antropocentrico che ha storicamente generato la Rivoluzione e il cui programma fu già delineato nel celebre Discorso sulla dignità dell’uomo (1486), steso dal conte Pico della Mirandola. La Contro-Rivoluzione vincerà sulla Rivoluzione quando i diritti di Dio prevarranno sui “pretesi diritti dell’Uomo” (Louis de Bonald).
Soprannaturale: al moderno naturalismo – che proclama una filosofia autonoma, una morale laica e perfino una teologia umanistica – la Contro-Rivoluzione deve opporre il primato del soprannaturale e della grazia divina come sola via di redenzione, salvezza e civiltà. «La funzione della grazia consiste precisamente nell’illuminare l’intelligenza, nel fortificare la volontà e nel regolare la sensibilità, in modo che si volgano al bene» (P. C. de Oliveira, cit., II, 9, 2).
Ecclesiale: essendo un aspetto settoriale e subordinato dell’azione storica ecclesiale, la Contro-Rivoluzione deve porsi al servizio della Chiesa; pertanto non è la Contro-Rivoluzione a soccorrere (tantomeno a salvare) la Chiesa, semmai è il contrario. Tuttavia il contro-rivoluzionario deve compiere la propria missione agendo liberamente nel settore suo proprio, che è quello laicale, consistente nel propagandare la dottrina sociale della Chiesa, santificare le realtà temporali e difendere i valori e le istituzioni cristiani.
Apostolica: la Contro-Rivoluzione non può limitarsi a conservare e a difendere le postazioni rimaste salde, ma deve anche riconquistare i settori caduti in mano al nemico al fine di sottrargli anime, famiglie, ambienti, istituzioni, nazioni.
Militante: la Contro-Rivoluzione deve agire come truppa d’avanguardia della Chiesa, combattendo (prima e meglio di altri) i nemici della Civiltà cristiana, specie quelli più pericolosi; questa lotta costituisce il suo maggior sacrificio penitenziale ed è simbolicamente rappresentato dalla mirra donata dai Re Magi al Bambino Gesù in Betlemme.
Intransigente e inconforme: La Contro-Rivoluzione deve combattere lo “spirito del mondo”, particolarmente lo “spirito del secolo” e la mentalità sovversiva oggi dominante, rifiutando ogni proposta di compromesso, intesa e riconciliazione; non si può vincere la Rivoluzione sorridendole, “dialogando” e rendendoci simpatici ad essa.
Ascetica: come i vizi di orgoglio, sensualità e rivolta sono le radici immorali della Rivoluzione, così le opposte virtù di umiltà, purezza ed obbedienza sono le radici morali della Contro-Rivoluzione, la quale o sarà santa o non sarà affatto.
Ortodossa e ortoprassica: la Contro-Rivoluzione dev’essere conforme alla verità, al bene e alla giustizia, insomma al volere e ai progetti della Divina Provvidenza, non solo in teoria ma anche in pratica, nelle sue vie, imprese, metodi, strategie e tattiche.
Dottrinale: la Contro-Rivoluzione dev’essere ideologicamente fondata e motivata, al fine di essere consapevole dei propri compiti e capace di propagandare princìpi, valori e norme cristiani. «La fermezza che viene dai princìpi è più importante, sebbene più rara, di quella che viene dal temperamento e dal carattere» (Louis de Bonald). «Se si conserva il vero, prima o poi si potrà ottenere il bene corrispondente; ma se si sacrificano i princìpi, non si potrà mai ottenere i benefìci sperati» (mons. Charles Freppel). Nell’attuale fase di Rivoluzione culturale, la Contro-Rivoluzione dev’essere anch’essa principalmente culturale in senso ampio, ossia /b>deve capire, denunciare e colpire il cuore dottrinale della Rivoluzione, ossia la sua radice falsamente metafisica e il suo spirito falsamente mistico, per suscitare negli uomini non solo timore per le sue conseguenze ma anche sdegno e orrore verso la sua perversità.
Tendenziale: la Contro-Rivoluzione dev’essere attenta al ruolo svolto (nel bene e nel male) dai fattori psicologici, sentimentali, abitudinari ed ambientali, e deve impegnarsi nel creare un ambiente e uno “stile d’azione” contro-rivoluzionari che si oppongano alle cattive tendenze e favoriscano quelle buone.
Fattiva, adeguata ed efficace: la Contro-Rivoluzione non deve limitarsi a conoscere ed esecrare la Rivoluzione, né limitarsi a “testimoniare” contro di essa, ma deve anche agire combattendola con abilità e perseveranza. Quest’azione dev’essere adeguata ossia proporzionata al nemico, il quale va affrontato non come ci piacerebbe che fosse o come è stato in passato, ma come è realmente e come oggi agisce, nei suoi pericoli attuali e nelle sue insidie incombenti.
Qualitativa: la Contro-Rivoluzione dev’essere organizzata, professionale ed elitaria. Alla «enorme congiura», settaria e fanatica, promossa dai rivoluzionari di professione (P. C. de Oliveira, ivi, III, 1, 2), i contro-rivoluzionari debbono contrapporre una santa, leale e aperta “cospirazione” che permetta ai buoni conoscersi, diventare amici e collaborare fra di loro mediante associazioni o reti di coordinamento. Non potendo la Contro-Rivoluzione nascere come movimento di massa, essa deve costituirsi in élites nelle quali la capacità e lo zelo di pochi compensino la mediocrità e la tiepidezza di molti.
Sociale: la Contro-Rivoluzione deve conquistare l’opinione pubblica agendo nella società civile; «l’azione contro-rivoluzionaria comporta una riorganizzazione della intera società temporale» (P. C. de Oliveira, ivi, II, 12, 7). Bisogna quindi influenzare la mentalità, ispirare i sentimenti, guidare le tendenze, orientare le scelte, coordinare le attività della intera vita sociale. Bisogna saper affrontare la “guerra psicologica totale” e quel suo aspetto cruciale che è la “guerra delle parole”, consistente nel contrapporre slogan contro-rivoluzionari a quelli rivoluzionari.
Globale: la Contro-Rivoluzione dev’essere universale, sia culturalmente che strutturalmente che geograficamente; tale globalità va intesa anche nel senso di «usare ogni mezzo per fare la gloria di Dio» (sant’Ignazio di Loyola), servendosi di tutti gli strumenti leciti possibili: uomini, ambienti, associazioni, idee, passioni, metodi, mezzi.
Prudente: la Contro-Rivoluzione dev’essere saggia, strategica, graduale, progressiva; essa deve saper approfittarsi delle circostanze favorevoli, eludere quelle insidiose e vincere quelle avverse. I risultati ritenuti impossibili possono essere ottenuti compiendo una serie crescente di concrete possibilità.
Indipendente: la Contro-Rivoluzione dev’essere libera da riserve e condizionamenti culturali, psicologici economici, politici e perfino ecclesiastici, specialmente da quelli che le impedirebbero di compiere la propria missione o la distoglierebbero dalla retta via depistandola in strade fuorvianti o in vicoli ciechi o burroni.
Anagogica: La Contro-Rivoluzione deve elevare la società verso una sempre maggiore consapevolezza del pericolo incombente e verso un sempre maggior desiderio di risanamento e di riscatto. Al limite, bisogna favorire nella opinione pubblica un “sussulto” di dignità, o almeno di timore, che la spinga a fare il “gran salto” necessario per salvarsi prima che sia troppo tardi. In questa prospettiva, «tutta l’umanità oggi si trova nell’imminenza di una catastrofe, e in questo sembra consistere precisamente la grande occasione preparata dalla divina misericordia» (P. C. de Oliveira, cit., II, 8, 3).
Fiduciosa, entusiastica e determinata: la Contro-Rivoluzione deve attendersi tutto da Dio, perché tutto dipende da Lui, ma deve anche lottare come se tutto dipendesse da sé stessa, (Giuseppe Sacchetti), perché Dio attende che gli uomini Gli offrano i pochi pani e pesci da moltiplicare miracolosamente a vantaggio del suo popolo.
Pertanto il contro-rivoluzionario non deve temere umiliazioni, tradimenti, perdite e sconfitte, né deve scandalizzarsene o avvilirsene troppo. Infatti la storia dimostra che Dio usa rovesciare le sconfitte in vittorie: «Tutto quello che si oppone all’ordine divino serve solo a rendercelo più adorabile. Tutti i nemici della giustizia sono suoi servitori, e l’azione divina costruisce la Gerusalemme celeste con gli strumenti di Babilonia» (Pierre de Caussade S.J., L’abbandono alla divina Provvidenza). Il contro-rivoluzionario è come un “resto d’Israele” in fiduciosa ed operosa attesa del “grand retour” delle anime e delle nazioni a Dio e dell’avvento del Regno di Cristo in Maria preannunciato da santi, profeti, dottori e Papi, ma soprattutto dalla Madonna stessa a Fatima.
Il contro-rivoluzionario deve riaffermare l’inconciliabilità tra Rivoluzione e Tradizione, tra Cristianità e Torre di Babele, tra Sacro Romano Impero e Repubblica Universale, tra Papato e Sinedrio, lottando per affermare l’originario modello cristiano e abbattere il demoniaco surrogato caricaturale. Pertanto, il contro-Rivoluzionario deve combattere l’illusione di una “nuova sintesi” che risolverebbe i conflitti a prezzo di un compromesso o di una mediazione, o addirittura di una “riconciliazione”, tra Dio e il Diavolo, tra il Cristo e l’Anticristo, tra la Donna e il Serpente, tra la Chiesa e l’anti-Chiesa.
«La Contro-Rivoluzione non è affatto una Rivoluzione di segno contrario, bensì è il contrario della Rivoluzione» (J. de Maistre, Considerazioni sulla Francia). Pertanto, il contro-rivoluzionario non si lascia sedurre da idee, progetti e movimenti che si limitano a rovesciare le condizioni imposte da una rivoluzione per sostituirle con quelle auspicate da un’altra (come accadde per l’Italia col Fascismo).
La Contro-Rivoluzione non è "conservatrice" , perché conservare una eredità ambigua o corrotta o bastarda, oppure una situazione ambivalente e pericolosa (come quell’attuale) serve solo a perpetuare l’equivoco, a disorientare gli animi, a indebolire la lotta riducendola a una mera resistenza passiva su posizioni di retroguardia, condannata quindi alla sconfitta (cfr. P. C. de Oliveira, cit., II, 3, 2). La Contro-Rivoluzione non è nemmeno semplicemente “reazionaria”, perché una reazione che si limiti a rifiutare la Rivoluzione restando però subordinata alla sua strategia finisce con l’esserne assorbita e vinta (Augusto Del Noce).
Il contro-rivoluzionario deve meditare sul passato fallimento di numerose Contro-Rivoluzioni. Esse sono state depistate o disinnescate o sconfitte, perché non erano ben fondate dottrinalmente o ben animate spiritualmente o ben condotte strategicamente, per cui non hanno saputo approfittarsi delle occasioni storiche favorevoli offertele dalla Divina Provvidenza, o non hanno saputo perseverare fino in fondo nella lotta o se ne sono lasciate distogliere. La storia del XIX secolo è molto istruttiva al riguardo.
In particolare, la Contro-Rivoluzione italiana deve contrastare i vizi tipici degl’Italiani: ossia superficialità, individualismo, particolarismo, machiavellismo, intellettualismo, ricerca della comodità e del piacere. Tali vizi sono all’origine dei peccati sociali commessi dall’Italia, a cominciare da quel grande peccato storico che fu quell’Umanesimo del XV-XVI secolo che pose le premesse della Rivoluzione.
Per contro, i contro-rivoluzionari italiani devono sviluppare le virtù tipiche dell’Italia, che sono: spirito soprannaturale, spirito di sacrificio e di adattamento, universalità, equilibrio, duttilità, inventiva, senso artistico, prudenza, capacità di governare e d’influire sui popoli (anche lontani).
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