Il 7 ottobre scorso ha segnato il 450º anniversario della battaglia di Lepanto, che vide la sconfitta della flotta dell’impero ottomano e l’inizio del declino della sua potenza. Come Centro Culturale Lepanto avremmo certamente voluto commemorare questa ricorrenza in una maniera più significativa, ma i nostri modestissimi mezzi e soprattutto la volontà di non sottostare alle vessatorie restrizioni dell’attuale dittatura sanitaria non ce l’hanno consentito. Ciò non toglie che comunque intendiamo celebrare questo fondamentale evento storico ricordando il legame che unisce la città di Tagliacozzo, il secondo centro più importante della Marsica dopo Avezzano in provincia dell’Aquila, ad uno dei maggiori protagonisti della battaglia, Marcantonio II Colonna (1535 – 1584), I Duca di Tagliacozzo e Principe di Paliano.
Forse non molti sanno che ancora oggi a Istanbul il 29 maggio si celebra in pompa magna la conquista di Costantinopoli da parte delle forze ottomane, avvenuta appunto il 29 maggio 1453. Naturalmente, nessuno ha nulla da ridire, e tantomeno ci si domanda se questi festeggiamenti potrebbero offendere l’altrui sensibilità religiosa: quindi è tutto politicamente (o forse meglio, religiosamente) corretto.
Il principe Marcantonio II Colonna ritratto da Justus Sustermans, 1584, Palazzo Colonna
Fonte: Wikipedia
Il principe Marcantonio II Colonna durante gli scontri con i Turchi (opera di Giovanni Coli e Filippo Gherardi)
Fonte: Wikipedia
Il sindaco di Tagliacozzo Vincenzo Giovagnorio (a d.) con il legato dell’Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano per la città di Gaeta, Daniele Elpidio Iadicicco
Fonte: https://www.terremarsicane.it/il-legato-per-la-citta-di-gaeta-ha-incontrato-il-sindaco-di-tagliacozzo/
Adesso domandiamoci cosa succederebbe se qui in Occidente da qualche parte si volesse festeggiare pubblicamente in una medesima pompa magna una data più o meno equivalente, ma da un punto di vista cristiano, come ad esempio la battaglia di Lepanto che il 7 ottobre del 1571 impedì all’impero ottomano di invadere il cuore dell’Europa e segnò l’inizio del declino della potenza islamica.
Ma è probabile che in Europa nessun importante amministratore pubblico mai si sognerebbe nemmeno lontanamente di promuovere un’iniziativa del genere, o quanto meno di ricordare questo anniversario in qualche suo intervento pubblico.
Eppure, si deve prendere atto di una felice eccezione. “Oggi ricorre l’anniversario della celebre Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. Marcantonio II Colonna (1535 – 1584) I Duca di Tagliacozzo e Principe di Paliano, fu uno dei maggiori protagonisti della vittoria della flotta cristiana” : questo il breve post con cui il sindaco di Tagliacozzo, Vincenzo Giovagnorio, ricordava il 449° anniversario sulla sua pagina Facebook nell’ottobre dello scorso anno.
Quest’anno il giorno dell’anniversario cadeva di giovedì, proprio a ridosso del fine settimana delle elezioni comunali ed è comprensibile che il sindaco fosse in altre faccende affaccendato, visto che è stato riconfermato per un secondo mandato. In compenso però, alla fine di giugno, Giovagnorio aveva ricevuto la visita del legato dell’Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano per la città di Gaeta, dott. Daniele Elpidio Iadicicco, una città la cui storia ha molti punti in comune con quella di Tagliacozzo, proprio a partire dalla battaglia di Lepanto, come si vedrà più oltre.
“Il Legato Iadicicco ha consegnato al Sindaco il folder dell'emissione straordinaria promossa dall'istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano per i 450 anni dalla Battaglia di Lepanto” , si legge in un comunicato congiunto ripreso sul portale Terremarsicane.it. “Ed è proprio riguardo a questo tema che l'incontro si è concluso, con la promessa di promuovere congiuntamente momenti di approfondimento storici utili a divulgare ed a fare conoscere la straordinaria storia comune” .
Tagliacozzo non è una cittadina qualunque, ma un importante centro marsicano caratterizzato da un retaggio religioso, storico e artistico veramente unico, per non parlare poi delle sue bellezze naturali. Basti solo ricordare che nel luglio 2019, in occasione del 750esimo anniversario della battaglia dei Piani Palentini, riceveva la visita del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che contestualmente inaugurava un monumento a Dante Alighieri, il quale nella sua somma opera, più precisamente nel XXVIII canto dell’Inferno della Divina Commedia, aveva fatto riferimento alla battaglia, nominando espressamente Tagliacozzo.
I Piani Palentini sono ad un tiro di schioppo da Tagliacozzo e furono teatro di una battaglia epocale che cambiò il corso della storia italiana ed europea. Infatti, con la sconfitta di Corradino di Svevia, capo del partito dei ghibellini che sostenevano l’impero, ad opera di Carlo d’Angiò, capo del partito dei guelfi che sostenevano il papato, le ambizioni imperiali sull’Italia furono vanificate.
Ancor più rilevante poi, il retaggio religioso di Tagliacozzo. Basti solo dire che in una delle sue decine e decine di chiese, conventi, santuari e monasteri di antica data e grande pregio artistico, è sepolto il beato Tommaso da Celano, che fu il primo biografo di San Francesco.
In questo ambito, altra recente presenza significativa nel 2019 quella del cardinale francese Dominique Mamberti, attuale prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, per presiedere la tradizionale festa del Volto Santo, che si celebrata annualmente la domenica successiva alla Pasqua. Si tratta della festa ufficiale dell’amministrazione comunale, che da secoli unisce in un connubio inscindibile il potere laico alla devozione popolare, e risale a una data imprecisata, tra il XVII e il XVIII secolo, quando un Principe di Casa Colonna, Duca di Tagliacozzo, fece dono alla locale “Università” di un dipinto raffigurante l’immagine del Cristo sofferente impressa sul velo della Veronica, la pia donna che sulla strada del Calvario riuscì a detergere il volto di Gesù dal sangue e dal sudore della passione.
Anche se dalle date l’autore di questa donazione sarà stato un principe discendente di quello citato dal sindaco, comunque si può ben dire che la memoria storica di Tagliacozzo è indissolubilmente legata a questa casata nobiliare, di cui l’eroe di Lepanto è certamente uno dei suoi esponenti più illustri.
Fu proprio nelle sue mani che il santo papa Pio V, che aveva promosso la Lega Santa contro il pericolo islamico, consegnò il vessillo dopo averlo appena benedetto in San Pietro e che sarebbe divenuto noto come “Stendardo di Lepanto”, raffigurante Gesù sulla croce tra gli apostoli San Pietro e San Paolo, con la profetica scritta, ricamata in lettere d’oro, “In hoc signo vinces” . La stessa scritta che più di mille anni prima aveva profetizzato la vittoria a Costantino sul suo rivale Massenzio alla battaglia di ponte Milvio alle porte di Roma. Infatti, l’ammiraglio Marcantonio Colonna era stato incaricato dal Pontefice di radunare a Gaeta la flotta romana per far vela verso Oriente e unirsi al resto della flotta cristiana comandata da Don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V e fratellastro di Filippo II di Spagna.
Paradossalmente, anche se fu il primo a ricevere lo stendardo di Lepanto, colui che si apprestava a divenire il difensore della Cristianità in nome del Papa, una quindicina d’anni prima aveva marciato in armi contro lo stato pontifico come comandate al servizio degli Spagnoli, che erano in guerra con papa Paolo IV. Ma alla fine, dopo la sconfitta dei Francesi alleati del papa, prevalse il buon senso: con il trattato di Cave del 14 settembre 1557 fu ristabilita la pace e da vassallo ribelle al papa Marcantonio Colonna venne pienamente riabilitato e reintegrato in quasi tutti i suoi feudi. Nonostante fossero i vincitori, gli spagnoli inserirono una clausola in cui chiedevano perdono al Papa per aver invaso i suoi territori.
Già Capitano generale dell’esercito spagnolo da quindici anni, come già detto, nel 1570 Marcantonio lo divenne anche della flotta pontificia grazie a san Pio V, mentre l’anno successivo il comandante in capo della spedizione cristiana don Giovani d’Austria, figlio illegittimo di Carlo V e fratellastro del re di Spagna Filippo II, lo nominò Capitano generale della flotta alleata nella guerra contro i musulmani.
Così, il 22 giugno 1571, due giorni dopo aver ricevuto lo stendardo, l’ammiraglio raggiunse Gaeta, dove si recò nel Duomo per chiedere la protezione di Sant’Erasmo, promettendo solennemente che in caso di vittoria avrebbe donato il sacro stendardo al Santo. Il 24 raggiunse Messina unendosi al resto dell’armata cristiana, che il 24 agosto si mosse contro i turchi e il 7 ottobre li sconfisse a Lepanto.
Come ci racconta il compianto storico Marco Tangheroni in un saggio apparso su Cristianità (n. 80, 1981), e ripreso anche sul nostro sito (centroculturalelepanto.com), prima della battaglia don Giovanni e Marcantonio Colonna su due piccoli e veloci legni percorsero tutto lo schieramento per ricordare ai combattenti la natura divina della loro causa e che il Crocifisso era il loro vero comandante, mentre a bordo si pregava il rosario, i capitani incitavano gli uomini e i cappellani confessavano e assolvevano secondo l'indulgenza concessa da san Pio V per la crociata.
Le sorti della battaglia si decisero al centro dei due schieramenti, quando la nave ammiraglia turca guidata da Alì Pascià riuscì ad agganciare la Real, la galea di Don Giovanni d'Austria, la cui cattura avrebbe potuto risolvere lo scontro. Ed è esattamente quello che avvenne, ma a parti invertite. Nella fase culminante dello scontro, quando ormai i turchi erano riusciti a mettere piede sulla prua della Real, il pronto intervento di Marcantonio Colonna si dimostrò decisivo: con tutta la forza dei remi lanciò la prua della sua galea contro la poppa della nave ammiraglia di Alì Pascià, ne investi i ponti con micidiali scariche di moschetteria e lanciò i suoi uomini all’arrembaggio. Questo intervento salvò la Real e costrinse Ali alla difensiva, ma era ormai troppo tardi: nessuno dei suoi 400 giannizzeri sopravvisse e alla fine la stessa sorte toccò anche ad Alì. Contro lo stesso volere di don Giovanni, il cadavere dell'ammiraglio ottomano Alì Pascià fu decapitato e la sua testa esposta sull'albero maestro della Real, mentre lo stendardo della Lega Santa veniva issato sul pennone della nave appena catturata di Alì Pascià, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare sul morale dei turchi, che infatti di lì a poche ore capitolarono.
San Pio V attribuì la vittoria all’intercessione della Vergine Maria e istituì la festa di Santa Maria della Vittoria, che il suo successore mutò in festa della «Madonna del Rosario». Con identico sentire, il senato di Venezia proclamò: «Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit», che forse non ha bisogno di traduzione («non il valore, non le armi, non i condottieri ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori»).
Ma lo zelo da crociato di Marcantonio Colonna non si esaurì nella battaglia di Lepanto. Infatti sull’onda di questa vittoria, invano tentò di convincere Gregorio XIII, il successore di san Pio V morto nel maggio 1572, e Venezia a continuare la guerra contro i Turchi sino alla loro definitiva disfatta. Ma, come osservano due tra i maggiori esperti di storia della Chiesa, Martin Greschat e Elio Guerriero, nella loro “Storia dei Papi” (edizioni San Paolo, 1994), “al nuovo pontefice mancava il fervore religioso del predecessore” (pagina 481) e per quanto riguarda Venezia, nel 1573 aveva firmato un accordo di pace con i turchi, decretando così la fine della Lega cristiana.
Ora bisogna dire però che Marcantonio Colonna non fu l’unica persona ad incarnare il legame di Tagliacozzo con lo spirito di crociata contro i musulmani. Egli non era nativo di Tagliacozzo e aveva ovviamente ereditato il titolo nobiliare dal padre Ascanio (la madre era Giovanna d’Aragona, discendente dal Re di Napoli Ferdinando I), ma comunque aveva vissuto a lungo in zona marsicana, prima ad Avezzano e poi a L’Aquila, il maggiore centro della regione abruzzese, e quindi poteva essere considerato una sorta di figlio adottivo di Tagliacozzo. Invece, come indica il nome stesso, il beato fra’ Giovanni da Tagliacozzo (fine ’300 o inizio ’400 – 1467) era originario della città e costituisce un precedente di questo legame con la crociata anti-islamica meno conosciuto, ma forse ancor più significativo.
Di lui purtroppo sappiamo poco, però quanto basta per capire di che tempra era fatto. Nasce a Tagliacozzo a cavallo tra il 14º e 15º secolo, entra nell’ordine dei frati minori francescani osservanti e segue in tutte le sue gesta eroiche il conterraneo San Giovanni da Capestrano (1386 - 1456) come suo fedelissimo braccio destro.
Se volessimo poi estendere il coinvolgimento nei confronti dell’Islam all’interno territorio marsicano e alla provincia in cui è inserito, quella aquilana, oltre a San Giovanni da Capestrano, la cui vicenda è storicamente abbastanza nota, andrebbe aggiunta anche un’altra figura di grande rilievo, il beato Salvatore Lilli (1853 – 1895), anch’egli francescano, che era andato come missionario presso la Custodia di Terrasanta. Nativo di Cappadocia, a nemmeno 10 km da Tagliacozzo, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 assieme ai suoi confratelli delle altre missioni dei padri francescani stava con successo promuovendo il ritorno degli armeni eterodossi alla fede cattolica. Purtroppo, questa preziosa opera venne bruscamente interrotta dal genocidio perpetrato dalle autorità turche, dalle cui soldataglie il Padre fu barbaramente martirizzato assieme ad alcuni suoi fedeli nel 1895.
Appena se ne presenterà l’occasione, ci ripromettiamo di parlare più diffusamente anche di questi altri esempi di fulgido eroismo cristiano, cercando di “bucare” pur nei limiti delle nostre possibilità la cappa di omertoso silenzio che ormai da troppo tempo la cultura ufficiale ha steso su queste vicende.
7 ottobre 2021, festa della Madonna del Rosario e 450° anniversario della battaglia di Lepanto
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